Riservarsi la facoltà di cedere i contratti
Sulla clausola che attribuisce la facoltà di cedere i contratti, è opportuno spendere qualche parola.
Poniamo il caso che la relazione con un cliente possa potenzialmente dare luogo - per qualsiasi ragione - a rischi molto elevati o a contenziosi importanti, di quelli che in caso di esito infausto potrebbero seriamente compromettere la vita dell’azienda, o almeno metterla in seria difficoltà: se fin dall’inizio è stata prevista la facoltà di cedere il contratto, procurandosi contestualmente l’assenso della controparte, si ha una alternativa in più per tentare di perimetrare il problema e limitare gli effetti negativi.
E’ una modalità per “segregare” i rischi operativi, incapsulandoli nella componente contrattuale, che può essere trasferita per mezzo della cessione del contratto: se strutturata bene, è una sorta di “opzione” unilaterale, che permette di uscire dal gioco in modo controllato.
Cosa prevedere nel contratto iniziale.
Se si gestisce attivamente il processo di contrattualizzazione, è opportuno inserire nel testo i seguenti aspetti:
1. la facoltà di cedere il contratto a terzi e/o a soggetti collegati e/o controllati;
2. l’assenso della controparte alla cessione (possibilmente fin dalla sottoscrizione del contratto);
3. una giustificazione plausibile per la facoltà di cedere il contratto (in termini giuridici, la “causa in concreto” sottesa a tale clausola);
4. a seconda del caso specifico, un corrispettivo forfettario da riconoscere alla controparte a fronte dell’esercizio della facoltà di cedere il contratto;
5. le modalità/forme di comunicazione dell’esercizio di tale facoltà (ad esempio con comunicazione a mezzo fax o raccomandata, ecc.) e un eventuale termine di preavviso;
6. in ogni caso, l’espressa esclusione di qualsiasi responsabilità a carico del cedente dopo la cessione del contratto;
7. nel caso non fosse possibile l’esclusione di responsabilità senza limiti, almeno l’esclusione per le obbligazioni e per le prestazioni/adempimenti dovuti o effettuati successivamente alla cessione del contratto.
Decidere come affrontare la contrattualizzazione delle controparti estere.
Lo scenario ideale per questa rete protettiva è quello in cui si costituisce e si utilizza una SPV (special purpose vehicle, una società specifica per un’operazione o per incapsulare i rapporti in certe aree geografiche), da utilizzare per contrattualizzare i rapporti con le controparti estere: in caso di potenziale disastro, è sempre possibile cedere i contratti buoni (e/o il ramo d’azienda afferente a tali contratti) a un’altra società (o valutare la possibilità di costituirne una apposita), isolando gli effetti negativi del rapporto problematico, che impatteranno solo sulla SPV inizialmente utilizzata.
Naturalmente, è possibile cedere i contratti problematici, ma questa alternativa comporta una maggiore area di potenziale responsabilità sotto diversi profili (a prescindere dalla violazione di norme imperative di alcune giurisdizioni, è sicuramente soggetta a strumenti di protezione e/o di tutela quali azioni revocatorie, regimi di responsabilità solidale, ecc.).
Perciò, in linea di principio, la cessione dei contratti con le controparti sicure è preferibile rispetto alla cessione di quelli problematici.
Ragionare per aree geografiche e/o di rischio.
Nel pianificare la costituzione (o l’acquisizione di partecipazioni) di SPVs, è bene considerare la configurazione finale che si ritiene più confacente alle specifiche necessità, e alle finalità che deve assolvere.
Ad esempio, una SPV specifica per i mercati esteri può essere utile anche per una crescita per acquisizioni, o per formalizzare delle joint-ventures all’estero, perimetrandone il rischio.
Come negli spin-off (cioè le scissioni), è bene darsi una regola di base e un limite ai valori coinvolti in una SPV.
Si potrebbe ragionare per valore degli assets (attività) coinvolti, per tipologia di assets (ad es. beni immobiliari, o licenze, ecc.) , per fatturato gestito, per area geografica, per tipologia di business, per livello di rischio, per tipologia di controparti, ecc.: le ipotesi sono molteplici, ma ciò che conta è avere le idee chiare sulle conseguenze nel caso debbano esser scorporati dei rapporti al fine di segregazione dei problemi o dei rischi.
Costituire SPV in Italia o all’estero?
Una volta decisa la configurazione per partizionare i rapporti e i relativi rischi, altro aspetto da considerare è dove incapsularli, cioè dove costituire la (o le) SPV: in Italia, o all’estero?
Nel considerare questo aspetto, non vanno sottovalutati gli aspetti tributari, sui quali si faranno alcuni cenni nella prossima puntata.
Sotto il profilo commerciale, in alcuni casi una società di diritto locale potrebbe essere ideale per ottenere agevolazioni, per dare maggiore fiducia al mercato grazie alla presenza locale, e per sviluppare progetti congiunti a partecipazione mista.
La scelta di costituire o acquisire una società all’estero può quindi essere vincente quando alcuni aspetti, specialmente quelli commerciali, sono rilevanti (ad esempio il tipo di business si rivolge a utenti locali, e/o devono essere forniti servizi post-vendita, formazione, ecc.), altrimenti - a parità di altre condizioni - non è un aspetto strettamente vincolante.
Nel decidere dove costituire (o trasferire) la SPV, bisogna considerare anche la presumibile funzione di paracadute: se la si utilizza per fornire una perimetrazione al rischio di alcune operazioni o aree geografiche, occorre considerare gli aspetti legali legati all’esecuzione forzata in conseguenza di contenziosi o condanne giudiziarie.
Per inciso, se ci si aspetta di doversi difendere, è bene scegliere una configurazione idonea a tale scopo, inclusa la scelta della giurisdizione e della forma sociale della SPV, che consegue alla legge del luogo in cui viene costituita.
In sintesi.
Qualunque siano gli scopi e le modalità di partecipazione, è bene cercare - per quanto possibile - di riservarsi sempre la facoltà di cedere i contratti stipulati. E per tentare di riuscire a farlo, l’unica strada plausibile è quella di gestire proattivamente gli aspetti legali, predisponendo il testo delle proposte e degli accordi.
Ma non basta: una volta fissata nel regolamento contrattuale tale possibilità, occorre anche pianificare come dargli attuazione pratica, specialmente nel caso in cui gli avvenimenti futuri siano potenzialmente repentini.
Avere la possibilità di cedere un contratto, senza un cessionario disponibile ad acquisirlo in tempi rapidi o senza avere pronta una SPV, potrebbe essere inutile.
Il presente contenuto rientra nella “Guida agli accorgimenti legali per esportare in modo più sicuro” pubblicata a puntate in esclusiva su Exportiamo.it
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Avv. Fulvio Graziotto - Graziotto Legal - International Law Firm - Sanremo (IM, Italy)
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