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Esportare senza Rischi - A cura di Fulvio Graziotto - Avvocato in Sanremo (Imperia)

Pubblicato su: Exportiamo.it

La guida “Esportare senza Rischi” è curata dall’avvocato Fulvio Graziotto e si articola in 18 puntate, pubblicate su Exportiamo.it.

Classificazione: Commerciale, Internazionale, Marketing, Strategia Competitiva

Parole chiave: #export, #legalmanagement, #esportaresenzarischi, #fulviograziotto, #scudolegale

Prevedere e disciplinare bene lo scioglimento del vincolo contrattuale

Per i rapporti di lunga durata (somministrazione, distributori, ecc), è inutile sottolineare l’importanza di prevedere e disciplinare bene meccanismi da utilizzare nel caso qualcosa non funzioni nel rapporto, o sopraggiungano eventi che non rendono più possibile - od opportuno - proseguire nella relazione commerciale, specialmente se è coinvolto un contratto di durata.

Anche se vi sono alcune differenze tra i sistemi normativi di civil law (come il nostro) e quelli di common law, i meccanismi per liberarsi di un impegno contrattuale sono, nella loro essenza, universali.

Anzitutto, lo scioglimento del vincolo contrattuale può avvenire con modalità differenti, a seconda che venga affidato a meccanismi negoziali (cioè concordati tra le parti) o a meccanismi processuali, cioè giudiziali, che richiedono l’intervento del giudice.

Partiamo dai primi, che sono quelli con i quali le parti possono prevedere e disciplinare fin dall’inizio lo scioglimento del loro vincolo contrattuale.

Meccanismi negoziali.

Sono esempi di meccanismi negoziali:

1. Il mutuo dissenso: è un vero e proprio accordo con il quale le parti sciolgono un precedente vincolo contrattuale assunto tra loro;

2. Il recesso unilaterale: è una modalità di scioglimento a iniziativa di una delle parti, e può essere “legale” se previsto dalla legge, o convenzionale se previsto dal contratto; la cosa importante da considerare è che il recesso può spettare a una della parti, o a entrambi i contraenti; può inoltre essere libero, oppure ancorato a un presupposto, spesso indicato come “giusta causa”;

3. le parti possono prevedere che il recesso non sia gratuito, ma comporti un corrispettivo, e l’efficacia del recesso abbia effetto solo dopo il suo pagamento: nel nostro ordinamento, è il caso della multa penitenziale (art. 1373 c.c.) e della caparra penitenziale (art. 1386 c.c.), che si differenzia dalla multa penitenziale perché la prestazione in caparra viene già data al momento della conclusione del contratto, salvo il diritto di ottenere dall’altra parte la restituzione del doppio;

4. la caparra confirmatoria, che invece non ha solo la funzione di corrispettivo del recesso come la caparra penitenziale, ma opera come rimedio contro l’inadempimento, prescindendo dalla pattuizione di un recesso convenzionale;

5. la clausola risolutiva espressa, attraverso la quale i contraenti prevedono che alcuni eventuali inadempimenti costituiscano causa di risoluzione di diritto del contratto.

Da questa breve elencazione, si intuisce subito l’importanza di prevedere - fin dall’origine - gli opportuni meccanismi contrattuali per sciogliere il vincolo, da personalizzare il più possibile sulla base delle proprie esigenze.

Meccanismi processuali o giudiziali.

Oltre ai meccanismi negoziali, ci sono quelli processuali, che sostanzialmente sono rimedi per dare una soluzione a un contratto difettoso. E, tra i rimedi, ci sono due grandi categorie.

Anzitutto la categoria dei rimedi riconducibili all’invalidità del contratto per un vizio dello stesso, a cui consegue l’inefficacia del contratto, proprio perché affetto da invalidità nel suo momento genetico (ad es. la nullità e l’ annullabilità).

Poi la categoria dei rimedi sugli effetti del contratto, ad esempio la risoluzione, che non riguarda la validità del contratto, ma lo rende inefficace: interviene, cioè, direttamente sui suoi effetti.

In altre parole, l’invalidità opera sul contratto quale atto giuridico, la risoluzione opera sul rapporto contrattuale.

La trattazione sulla invalidità del contratto esula dagli scopi di questa puntata; è invece opportuno fare brevi cenni su come opera la risoluzione, sempre tenendo presente che ci possono essere differenze, anche notevoli, nei vari ordinamenti giuridici.

Le fonti della risoluzione possono essere volontarie (previste dalle parti) o legali (previste dalla legge): ai nostri fini, consideriamo solo le prime, tenendo presente che il modo in cui si determina la risoluzione può variare, potendo avvenire: a) automaticamente (esempio ne sono la condizione risolutiva, oppure la scadenza del termine essenziale o, ancora, l’impossibilità sopravvenuta); b) attraverso la manifestazione di volontà della parte legittimata allo scioglimento (ad es. attraverso la clausola risolutiva espressa, la difida ad adempiere, o il mutuo dissenso); c) giudizialmente (è il caso della risoluzione per inadempimento o per eccessiva onerosità sopravvenuta, o in conseguenza di vizi nella vendita o nell’appalto).

In particolare, la risoluzione per inadempimento.

L’accertamento delle inadempienze è sempre un procedimento che coinvolge un’indagine del giudice (o degli arbitri) sui fatti, circostanze, domande, eccezioni ed elementi probatori allegati dalle parti: per chiarezza, è un procedimento orientato alla ricerca della cd. “verità processuale”, non cioè della realtà del mondo fisico, ma di quella introdotta e rappresentata dalle parti (o, meglio dire, dai loro difensori).

Le conseguenze della risoluzione sono differenti a seconda che coinvolgano un contratto a esecuzione istantanea (vendita) o un contratto di durata (somministrazione): nei primi ha effetto retroattivo, mentre nei secondi opera solo per il futuro.

Attenzione a un aspetto molto importante e spesso travisato: nei contratti a esecuzione istantanea, la risoluzione comporta la conseguenza delle restituzioni; debitore e creditore dovranno reciprocamente provvedere alla restituzione delle prestazioni ottenute, compresi i frutti della cosa.

L’obbligo delle restituzioni non è un aspetto marginale: se avete venduto un impianto di produzione che il cliente ha contestato, e agite per la risoluzione, correte il rischio di vedervelo restituito (magari completamente arrugginito perché stoccato dal committente all’esterno senza adeguata protezione) e di dover restituire i pagamenti ricevuti…

Alla risoluzione per inadempimento è strettamente connesso il tema del risarcimento dei danni: tutte le volte che è prevedibile una situazione di potenziale rischio di richieste risarcitorie, è assolutamente raccomandabile:

1. porre un tetto (cap) ai possibili risarcimenti prevedendolo nel contratto;

2. ancorare la responsabilità ai soli aspetti sotto la propria sfera di influenza e di controllo.

Anche se non è una clausola valida in tutti gli ordinamenti, prevederla espressamente consente di contenere il perimetro della responsabilità, e di limitare in prima battuta i rischi dell’impegno contrattuale.

Alcuni accorgimenti pratici da adottare.

Non c’è nulla di più insidioso che prevedere condizioni o clausole risolutive espresse (quelle, cioè, che identificano le ipotesi in cui il contratto si risolve di diritto) formulate in modo non univoco e non oggettivamente verificabile: le condizioni e gli inadempimenti formulati in maniera vaga o con avverbi o aggettivi sono un classico nelle clausole contrattuali, che può essere foriero di problematiche assai lunghe, costose e di esito incerto.

Ove possibile, è bene prevedere parametri facilmente misurabili e di oggettiva verificabilità per entrambi i contraenti (ad esempio, volumi minimi da raggiungere).

Altro aspetto fondamentale è evitare di essere legati a rapporti che incappano in disastri (naturali o meno), procedure concorsuali o eventi esterni che modificano i rapporti di equilibrio tra i contraenti.

Tenendo presente che il vincolo contrattuale può sciogliersi per cause strutturalmente differenti, è opportuno tentare di assicurarsi anche alcune facoltà, ad es. quella di recesso con un preavviso, quella di esercitare opzioni a condizioni predeterminate, ecc.

O, ancora, quella di riservarsi la facoltà di cedere il contratto: questo aspetto sarà oggetto specifico della prossima puntata.

Altre modalità per disinnescare un vincolo contrattuale.

Oltre alle possibili modalità per sciogliere un vincolo contrattuale, e ai rimedi nel caso di malfunzionamento del rapporto, ci sono altre modalità utili a “disinnescare” un contratto: tra esse, oltre alla facoltà di cessione del contratto di cui parleremo nella prossima puntata, l’incapsulamento di contratti - particolarmente esposti al rischio - in entità legali ad hoc (SPVs, special purpose vehicles), oppure il loro trasferimento unitamente all’azienda o al ramo d’azienda interessato.

In sintesi.

Da quanto esposto, è di tutta evidenza che lo strumento contrattuale, se usato correttamente, è di grande valore per perimetrare - fin dall’inizio - i rischi e le conseguenze in caso di problemi sopravvenuti nei rapporti.

Per ottenere i risultati migliori, è opportuno considerare - oltre ai rimedi contrattuali classici - anche i seguenti aspetti:

1. utilizzare tutti i meccanismi negoziali idonei al proprio caso specifico;

2. perimetrare i rischi e le responsabilità il più possibile, ponendo limiti alle proprie responsabilità risarcitorie;

3. ove opportuno, incapsulare i contratti in entità specifiche, atte a segregare i rischi;

4. riservarsi la facoltà, tutte le volte che ciò è possibile, di cedere il contratto.

Per tentare di farlo, il modo migliore è quello di guidare gli aspetti legali anziché subirli, e predisporre per primi le proposte contrattuali.


Il presente contenuto rientra nella “Guida agli accorgimenti legali per esportare in modo più sicuro” pubblicata a puntate in esclusiva su Exportiamo.it

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