Nell'esaminare il caso la Corte di Giustizia UE dapprima ricorda che «Dalla giurisprudenza della Corte si evince che la questione del trattamento fiscale di dividendi può ricadere tanto nella libertà di stabilimento quanto nella libera circolazione dei capitali (sentenza del 15 settembre 2011, Accor, C-310/09, EU:C:2011:581, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata).
Quanto alla questione se una normativa nazionale ricada nell’una o nell’altra delle libertà di circolazione occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa in discussione (sentenza del 15 settembre 2011, Accor, C-310/09, EU:C:2011:581, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata). »
Poi, richiamandosi a precedente giurisprudenza, distingue i due casi: «In proposito la Corte ha già dichiarato che una normativa nazionale destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinarne le attività ricade nella sfera di applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento. Per contro, disposizioni nazionali che siano applicabili a partecipazioni acquisite unicamente allo scopo di realizzare un investimento finanziario, senza l’intento di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa, devono essere esaminate esclusivamente alla luce della libera circolazione dei capitali (sentenza del 15 settembre 2011, Accor, C-310/09, EU:C:2011:581, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).»
La Corte ricorda poi il collegamento tra l'obiettivo di contrasto all'evasione e quello di salvaguadia della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati: «A tal riguardo, va rilevato, da un lato, che l’obiettivo diretto a lottare contro la frode e l’evasione fiscali e quello diretto a salvaguardare una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri sono collegati (sentenza del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland, C‑388/14, EU:C:2015:829, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata) e, dall’altro, atteso che costituiscono motivi imperativi di interesse generale, possono giustificare un ostacolo all’esercizio delle libertà di
circolazione garantite dal Trattato (sentenza dell’8 marzo 2017, Euro Park Service, C‑14/16, EU:C:2017:177, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata)».
I giudici UE poi si richiamano ad alcuni passaggi della loro decisione: «Tuttavia, occorre constatare che l’obiettivo volto a lottare contro la frode e l’evasione fiscali ha la stessa portata sia quando viene invocato in applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sulla società madri e figlie o come giustificazione di un ostacolo al diritto primario. Di conseguenza, le considerazioni menzionate ai punti da 30 a 36 della presente sentenza si applicano anche per quanto riguarda tale libertà».
Il punto 36 richiamato, in particolare, così afferma: «subordinando l’esenzione dalla ritenuta alla fonte degli utili distribuiti da una società figlia residente alla propria società madre non residente alla condizione che tale società madre dimostri che la catena di partecipazioni non abbia come fine principale o fra i propri fini principali quello di trarre vantaggio da tale esenzione, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire il benché minimo principio di prova di frode e di abuso, la normativa di cui trattasi nel procedimento principale istituisce una presunzione generale di frode e di abuso e pregiudica l’obiettivo perseguito dalla direttiva sulle società madri e figlie, ossia prevenire la doppia imposizione degli utili distribuiti da una società figlia alla propria società madre».
Ne consegue che «Pertanto, l’obiettivo diretto a lottare contro la frode e l’evasione fiscali invocato dalla Repubblica francese nel procedimento principale non può giustificare un ostacolo alla libertà di stabilimento».
La Corte di Giustizia UE fornisce quindi la seguente interpretazione.